Era l’estate del 1717......
Era
l’estate del1717, George Higgins, Capitano del veliero “Articus”
solcava verso sud le calde acque dell’Oceano Atlantico che
costeggiavano il sud dell’Africa.
Doveva raggiungere, una volta
doppiato il Capo di Buona Speranza, le Indie, per il carico prezioso di
stoffe e spezie da riportare in Inghilterra. Sul ponte
controllava con il suo sestante la posizione e la correttezza
della rotta, e nel frattempo non si risparmiava la conversazione
con il dottore di bordo, anche lui, come il Capitano,
appassionato di storia antica Greca e Romana.
Era da questo fatto che aveva tratto
spunto per il nome della nave, infatti il capitano Higgins era
soprannominato dal suo fedelissimo equipaggio per il suo aspetto
imponente e minaccioso “ORSO” (appunto dal greco Artikos).
Verso sera all’orizzonte, grosse nuvole
nere provenivano da sud, presagivano
l’arrivo di una tempesta, e mai l’equipaggio della nave avrebbe
immaginato quanto questo avrebbe cambiato la loro già rischiosa
vita. Dopo poche ore la tempesta si presentò con una inaudita ed
inaspettata violenza.
Ben presto persero il contatto con la
costa e in balia del mare e delle correnti la loro unica
preoccupazione era quella di salvarsi e mantenere per quanto possibile
la nave in condizione di navigare.
Lottarono tutta la notte e tutta la mattina
del giorno seguente contro la furia del mare e del vento, e verso
mezzogiorno il mare si placò ed il vento si calmò; la nave aveva
subito gravi danni, le perdite umane erano state lievi nonostante
la gravità della situazione.
Tra il materiale andato perduto anche il prezioso
sestante e la bussola che in questo particolare momento sarebbero
stati strumenti indispensabili per riuscire a capire la loro
posizione. il danno riportato al timone doveva essere riparato al
più presto, altrimenti la nave non potrebbe essere stata in
nessun modo governata, quindi bisognava trovare un luogo dove si
avrebbe potuto compiere anche tutte le altre riparazioni.
Ad un tratto la vedetta, dall’unico albero rimasto utilizzabile, urlò:
“terra!
terra!” infatti poco dopo si allineò all’orizzonte una costa
frastagliata, che poco a poco si fece sempre
più vicina, e quello che sembrava un passaggio tra due terre si
fece sempre più certo. Un debole sole squarciò le nuvole grigie e
quello che apparve agli occhi dell’equipaggio li lasciò senza parole.
Nessuno di loro riconosceva quelle terre aspre, spoglie e a
tratti ghiacciate. Il freddo si faceva sentire sempre di più, ma
non potevano fare altro che proseguire trasportati dalla corrente.
Ora
il vento gelido che soffiava da nord-ovest verso est ricopriva il ponte
della nave di uno strato di ghiaccio, e gli uomini cercavano di
coprirsi con tutto quello che riuscivano a trovare per sfuggire
alla morsa del freddo. Non passò molto tempo che anche la chiglia
della nave faticasse ad avanzare in un sottile strato di ghiaccio
che si faceva via via sempre più spesso finchè rimase bloccata
del tutto.
La morte a questo punto
sembrava inevitabile: i viveri scarseggiavano, l’acqua dolce che
si riusciva a ricavare dal ghiaccio sciolto sul fuoco era l’unica
e debole garanzia di sopravvivenza. Abbandonare la nave e
proseguire a piedi in quella distesa di ghiaccio sconfinato e
sconosciuto era un impresa d ritenersi impossibile, tuttavia era
l’unico modo per poter raggiungere la salvezza se in quei luoghi
ci fosse stata qualche forma di vita civile.
Higgins ed il dottore decisero di
partire a piedi, pochi altri si offrirono di accompagnarli,
mentre quello che rimaneva dell’equipaggio sarebbe rimasto sulla
nave in attesa, qualora il temerario manipolo di uomini avesse trovato
dei soccorsi. Da una scialuppa, debitamente adattata, ricavarono
una slitta per caricare quello che sarebbero riusciti a
trasportare per sopravvivere, e partirono alla ricerca della
salvezza.
Dopo molti giorni di duro cammino, aggirando
ostacoli, crepacci e dirupi si trovarono nuovamente di fronte il
mare. Ormai del gruppo erano sopravissuti soltanto il Capitano,
il dottore ed il mozzo, deturpati dal freddo e dalle fatiche.
Anche se il sole splendeva e quel giorno l’aria era tersa il
freddo non li abbandonava e credendo di avere le allucinazioni,
all’orizzonte a loro parve di vedere una costa lontana, credevano
fosse la costa dell’Africa del sud. A questo punto la scialuppa
ritornò d essere la barca su cui raggiungere questa terra. Non
sapevano che si stavano dirigendo verso la Terra del Fuoco nell’America
del sud.
Li trovarono alcuni indigeni
delle tribù dei Fungini, abitanti di quella regione, e nonostante
le cure di quest’ultimi, l’unico a salvarsi fu il Capitano
Higgins, il quale scrisse le sue memorie a bordo del vascello
Portoghese “Eseperansa” durante il viaggio di ritorno in patria.
In
seguito, il nome della nave che il Capitano George Higgins aveva
coraggiosamente comandato, diede spunto per il nome del nuovo
continente così drammaticamente scoperto “ANTARTIDE”.
Giordana - classe 3° L - sede A. Martini |