Fu nell'Ottocento che, osservando dei cristalli al microscopio,
si notò come questi, improvvisamente, sembravano ribaltarsi.
Anche l'immagine (a) - che fa pensare a un cubo " trasparente"
e che si chiama proprio cubo di Necker - si ribalta.
C'è un momento, cioè, in cui la faccia che ti sembrava dietro se
ne viene improvvisamente davanti. Questo ribaltamento avviene anche
se tu non vuoi che avvenga: prova a fissarlo con attenzione, e vedrai
che si ribalta, per quanto tu - la mascella serrata e i pugni chiusi
- stia mormorando a te stesso "no, no, e poi no! "
Pare che il cervello si trovi nelle condizioni di poter scegliere
e accettare, indifferentemente, uno schema di lettura (spigolo A
davanti), oppure l'altro (spigolo A dietro).
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Anche la scala di Schroder (b) è reversibile, cioè si ribalta.
Meno facilmente del cubo di Necker, però. Anche se quest'ultimo
pare ribaltarsi nonostante la nostra volontà contraria, non è da
escludere che la reversibilità di certe figure geometriche sia da
mettersi in relazione, se non proprio con atti coscienti di volontà,
con processi mentali d'analisi e di controllo delle figure stesse.
In altre parole, cercare di bloccare I'inversione dicendosi " non
voglio, perbacco ", significa, in ogni caso, mettere in moto proprio
quei processi di lettura e di organizzazione dell'immagine (sia
pure al rovescio), responsabili dell'inversione.
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Il proporsi una
soluzione alternativa all'altra può significare un processo di ricerca
di una soluzione percettiva che sia stabile. Ciò avverrebbe attraverso
meccanismi di controllo di retroazione. Per capirci: e come se il
cervello, ricevuta I'informazione, prendesse a ragionarci su in questo
modo: " Se - come sembra - lo spigolo A sta davanti, lo spigolo B
dovrebbe starsene dietro, e infatti se ne sta proprio dietro; però,
un momento: cosa impedisce allo spigolo B di venire avanti? Toh, ora
sta proprio davanti; no, dietro; ora di nuovo davanti. Ma vedi tu
che roba". Probabilmente, a ogni controllo, segue un'inversione. |
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