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(…)
Non ditemi che non vi siete mai sentiti inibiti, che non c'è mai stato
nessuno che, almeno una volta, non vi abbia detto "zitto tu che sei
troppo piccolo (che non capisci niente, che non c'entri, che non lo
sai fare...) "
L'inibizione è una brutta bestia che fa soffrire, con
la quale, quasi sempre, si impara a convivere, accettandola come una
componente ineliminabile dei nostri meccanismi psicologici. A meno
che l'inibizione non sia un fatto, per cosi dire, "democratico", come
in qualche modo capita fra i recettori retinici, e allora la sofferenza
non esiste proprio, perché è vero che una volta vengo inibito, ma
un'altra inibisco io e cosi siamo pari. Infatti, con i recettori retinici
è proprio cosi. Ci sono recettori specializzati nel segnalare al cervello
i colori, la luce o la sua assenza, il movimento, ecc. Ora, cosa succede?
Succede che. essendo i recettori a contatto fra loro per mezzo dei
collegamenti nervosi delle cellule gangliari, bipolari, ecc., quando
essi ricevono un'eccitazione, non fanno altro che trasmetterla agli
strati superiori. (…) Insomma, a seconda delle circostanze (che sono
moltissime), ciascuna cellula riceve o trasmette delle informazioni
alle colleghe che gli stanno intorno, dicendo o sententosi dire "zitta
tu! ", oppure "coraggio, datti da fare! ", inibendo, appunto, o lasciandosi
inibire. Se voi ficcate la testa dentro la gola di un lupo (che, come
tutti sanno, è nera e scura), tenendo - si capisce - gli occhi aperti,
riceverete una sensazione diversa da quelle che ricevereste se gli
occhi li teneste chiusi e rinunciaste a esplorare l'interno di un
lupo. |
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Nel
primo caso, le cellule attivate dall'oscurità inibirebbero quelle
che si lasciano stimolare dalla luminosità e avreste quella sensazione
che si chiama " buio " ; nel secondo caso (occhi chiusi, ma la testa
fuori dalla gola del lupo) , avreste una sensazione che gli psicologi
della teoria della forma chiamano grigio retinico che è una sensazione
diversa da quella data da " assenza di luce " . Fate la prova, chiudendo
gli occhi e vedrete che non è come stare al buio.
Ecco, col grigio
retinico, abbiamo una situazione equilibrata e grigia, appunto: quelle
attivate dall'oscurità inibiscono le cellule attivate dalla luminosità,
mentre, contemporaneamente, queste inibiscono quelle. Il che vuoI
dire questo: la percezione di maggiore o minore luminosità non viene
data dalla maggiore o minore eccitazione di recettori retinici, ma
da un vero e proprio rapporto di forze tra stimolazione e inibizione.
Pensate: il nostro occhio è capace di percepire una quantità veramente
minima, meno di così non si può. Ciò è possibile proprio perché la
piccolissima quantità di energia che influisce su un recettore viene
amplificata dalle cellule che si trovano negli strati superiori. |
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Vediamo di capirci meglio, in una situazione percettiva precisa.
Le figure precedenti, qui riportate più piccole, sono caratterizzate
dalle bande di Mach.
In questo caso le cellule percettive hanno comportamenti regolari
alle estremità delle bande: - dove sono chiare, - dove sono scure;
al centro dove c'è il salto dal chiaro allo scuro, cosa succede?
Avete verificato che si formano due bande immaginarie. Queste bande
si formano "nel cervello", perché se osservate bene le figure grandi,
non ci sono nel disegno! Il cervello - nell'osservazione da lontano
- riceve dai recettori un messaggio di eccitazione - inibizione
parzialmente modificato.
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Nota
per gli insegnanti. vale la pena qui di insistere sul meccanismo di
inibizione - eccitazione reciproca tra le cellule
percettive, riflettendo
sulla sensazione di "grigio retinico" |
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T. Casula, Tra vedere e non vedere, 1981, Einaudi, pagg.57,58.
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