Insegnanti e scienziati guardano al passato per interpretare il futuro

di Scotto di Clemente Graziano

“Haud igitur redit ad nihilum res ulla, sed omnes
discidio redeunt in corpora materiai.”


“Non ritorna dunque al nulla alcuna cosa, ma tutte
per disgregazione ritornano agli elementi della materia.”


“Nothing returns to naught; but all return At their collapse to primal forms of stuff.”


(De Rerum Natura,  Lucrezio, 50 d.C.)


Lucrezio in questi due versi definisce i paradigmi della sua cosmogonia.

Qualche secolo prima di Einstein e di Wegener in un angolo della cultura occidentale c’è già l’intuizione che i fenomeni e le espressioni della natura sia uno con l’altro collegati in modo interdipendente, come, ad esempio, la distruzione di una parte sia sorgente di un’altra.


Nello stesso tempo, Lucrezio esprime indirettamente un metodo di analisi della realtà naturale: riflettere su ciò che si osserva e cercare le soluzioni per interpretare i comportamenti della natura al senza ricorrere a fattori esterni ad essa.

Lucrezio è ricomparso, da un passato liceale, in Antartide, e forse questo ricordo è emerso stimolato dalle immagini quotidiane del passato di questa regione in cui i processi di trasformazione sembrano rallentati, negli ultimi trenta - venti milioni di anni dal suo stesso congelamento.

Clicca sull'immagine per un tour al sito di trivellazione


1138,54 metri di carotaggio del progetto Andrill portano alla luce un periodo di tempo geologicamente breve (rispetto alla storia complessiva del pianeta) ma per il geologo neofita enfatizzano un’attività continua della trasformazione del pianeta: quella in cui la distruzione (o meglio l’erosione) di una parte comporta la formazione di un’altra: la trasformazione di “clasti” strappati agli strati geologici preesistenti in nuovi strati e quindi in nuove rocce, talvolta omogenee, talvolta ecletticamente combinate dal caso dell’erosione e del suo trasporto.


In realtà il caso è solo apparente.


Una analisi attenta dei dati raccolti (ad esempio sono stati contati e classificati circa 90000 clasti di dimensioni maggiori ai 2-3 millimetri) fa capire che la disomogeneità e il disordine sono aspetti legati all’individualità delle vicinanze tra i singoli clasti, ma la distribuzione dei grandi numeri non è ovviamente casuale, ma segue regole che la geomorfologia cerca di trovare.


La partecipazione all’interno del progetto Andrill di un gruppo di insegnanti ha permesso di seguire direttamente le fasi tecnico-scientifiche per trarne implicazioni e spunti da riportare all’interno dei curricoli delle varie scuole, ma a mio parere ha dato soprattutto modo di osservare e analizzare cosa succede in un gruppo di ricerca scientifica all’opera.
Il gruppo di lavoro proveniente da quattro paesi (Italia, Germania, Nuova Zelanda, USA) è composito anche dal punto di vista disciplinare: sedimentologia, paleogeologia (nanno, micro e macro fossili), petrologia, vulcanologia, paleomagnetismo, geochimica, ingegneria della trivellazione: tecniche e teorie differenziate nella specializzazione, unificate nel metodo: dal campionamento, alla misura, alla classificazione e organizzazione dei dati, alla loro interpretazione e quindi nella parte finale alla modellizzazione che deve necessariamente passare attraverso una fase di sintesi delle singole organizzazioni e a un processo di deduzione interpretativa.


Il punto debole della scienza moderna è proprio qui nella eccessiva specializzazione che può rendere più problematica la sintesi interpretativa e magari l’unificazione in una teoria.


Ma questo è un altro discorso.


Bisognerà attendere questo lavoro di sintesi per capire come nei momenti più caldi del Miocene, la cui presenza è verificata dai sedimenti oceanici a basse latitudini (studi sugli isotopi dell’ossigeno), abbiano reagito i ghiacciai dell’Antartide:  quanto si siano ritirati e quanto questo abbia modificato la circolazione delle correnti d’acqua e dell’atmosfera.
 Ecco allora come si è cercato di presentare questo problema a ragazzi della scuola media usando un mix di mito e di scienza.


Tra scienza e fantascienza

Dal romanzo: Edgar Allan Poe, Le avventure di Gordon Pym

Il mio nome è Arthur Gordon Pym. Mio padre era un rispettabile commerciante in un negozio di articoli marini a Nantucket, dove io sono nato.

(.....)

Io racconterò una di queste avventure a mo' di introduzione ad un racconto più lungo e di maggior importanza.

Dal romanzo: Guilio Verne, La sfinge di ghiaccio o il mistero dell'Antartide

Non ci sono dubbi che la seguente storia sarà raccolta con incredulità, ma io penso che il pubblico debba essere messo al corrente dei fatti narrati in "Un mistero antartico". Il pubblico è libero di credere o meno, a proprio piacere.

(....)

Tra i lavori più interessanti di Poe c'è il suo racconto "Le avventure di Arthur Gordon Pym". Io avevo sempre supposto che la storia fosse pura finzione del genere più fantastico, ma il capitano Len Guy mi assicurò che un fatto almeno è fondato (.....)

Riassumendo brevemente, il racconto di Arthur Gordon Pym narra di come lo stesso Pym fu lasciato con un solo compagno.....

Per alcune circostanze, fortunate o sfortunate, i due trovarono un varco nella grande barriera glaciale che circonda il Polo Sud, a circa 73° sud. Perforando la barriera ghiacciata i due coraggiosi esploratori trovarono un mare aperto.......

 

In questo modo iniziano due straordinari romanzi dell'ottocento. Il primo scritto da Edgar Allan Poe (americano ) nel 1838, il secondo scritto da Giulio Verne (francese) nel 1897. Si capisce subito che la storia di Verne è la continuazione della prima avventura scritta da Poe.

La nostra storia per proseguire ha bisogno di alcune informazioni "scientifiche":

  1. la prima cartina ci mostra i percorsi statisticamente seguiti dagli iceberg nella loro navigazione attorno al continente Antartico: una combinazione di correnti marine e di venti (J. B. Anderson, 1999), (vedi nota apposita)
  2. la seconda mostra i venti che soffiano le latitudini di 35° e 60° sia nell'emisfero boreale che in quello australe (J. B. Anderson, 1999), (vedi nota apposita)
  3. la terza mostra la convergenza antartica (J. B. Anderson, 1999), (vedi nota apposita)
  4. la quarta mappa (Di Cuoghi)  è la fantastica elaborazione di Philippe Buache delle “Terres Australes”, disegnata dopo il 1739.Questo è solo un esempio della produzione di carte su questa zona in periodi in cui nessuno ancora era arrivato così vicino. Ma questa carta pur nella sua elaborazione "fantastica" ha qualcosa che si sovrappone con la realtà. (vedi nota apposita)
  5. L’ultima carta (Wikipedia 2007)  è una elaborazione al computer di come si presenterebbe il continente  Antartico una volta disciolti i ghiacci che lo ricoprono. (vedi nota apposita)

C'è qualcosa in comune con la carta fantastica di Bouche.
Il continente non sommerso dalle acque occupa una superficie inferiore a quella attuale comprensiva delle superfici ghiacciate permanenti ed è attraversato da un grande canale.
La storia fantastica potrebbe diventare vera!
Ho dato ai miei alunni questo problema:
Un problema ai confini della scienza

A - Un po' di fantasia

  • Immagina una storia, magari seguendo le anticipazioni di Verne e di Poe, che abbia l'Antartide protagonista così come l'immaginava il cartografo francese Philippe Buache.
  • Come potrebbe essere, quali problemi potrebbero esserci tenendo conto delle correnti, dei venti attuali che in qualche misura dovranno essere modificati.
  • Il clima...come e quanto diverso sarà?
  • Il continente potrà essere stato raggiunto da popolazioni umane antiche, e da quale altro continente?
  • Conosci le popolazioni autoctone dell'Africa meridionale, Australia, Nuova Zelanda?
  • E quali erano nella terra del Fuoco?


Tutti questi fatti potrebbero essere utili alla tua storia.

B - Un po' di modellizzazione scientifica

  • Immagina cosa potrebbe succedere in quel periodo geologico ipotetico in cui l'Antartide abbia perso le sue coperture glaciali. Riprendi l'immagine elaborata al computer che ce lo mostra.
  • Come secondo te possono variare le correnti e i venti attuali?
  • Come possono modificarsi le correnti attuali che dalla zona antartica si muovono verso gli altri oceani?
  • Ma la riduzione dei ghiacciai comporterebbe anche una modifica della posizione del continente rispetto al sole e alla sua stagionalità? Ci sarà ancora una stagione "della notte continua" e una "del dì continuo"?
  • Quale successione colonizzatrice prevederesti per le terre emerse del continente antartico?
  • Come vedi le domande da farsi sono moltissime e le combinazioni delle risposte innumerevoli...........

Alcune risposte sono riportate integralmente nel nostro sito (vedi bibliografia).

 

Bibliografia

Andrill 2007 - Italia-Antartide

Anderson J. B., Antarctic Marine Geology, figure 1.21, pag.14, immagine 1, Cambridge University Press

Anderson J. B., figure 1.28, pag.20, immagine 2

Anderson J. B., figure 1.32, pag.24, immagine 3

Immagine 4

immagine 5

Lucretius, De Rerum Natura, (Latin and Italian by www.latinovivo.it – in English by William Ellery Leonard http://evans-experientialism.freewebspace.com/Lucretius01.htm)

Pekar S., Resolving Climatic Conundrums from Greenhouse to Icehouse Worlds: Future ANDRILL Projects, conference 17/10/2207, publishing in Mc Murdo Station.

Poe E. A., Le avventure di Gordon Pym

Verne J, La sfinge di ghiaccio o il mistero dell'Antartide

Scotto di Clemente G. et al., sito web.